Venezia: Galleria dell’Accademia. “Il miracolo dello schiavo” di Jacopo Tintoretto
Nel mese di settembre si inaugura a Venezia, presso le Galleria dell’Accademia fino al 6 gennaio 2019, una bellissima mostra per celebrare i 500 anni dalla nascita di Jacopo Robusti detto il “Tintoretto”. In questa articolo presentiamo una delle opere più significative che si possono ammirare alla mostra: “Il miracolo dello schiavo”.
La grande tela era destinata ad ornare la Scuola Grande di San Marco con i miracoli del Santo.
Quest’opera così rivoluzionaria desta enorme scalpore e procura a Tintoretto un grande successo.
Storia: uno schiavo di fede cristiana viene sottoposto per la sua fede cristiana, dal suo padrone che lo sorprende a pregare sulla tomba di San Marco, a tortura (che prevedeva l’accecamento e la frattura delle gambe). Interviene miracolosamente San Marco, patrono della città, che fa spezzare gli strumenti della tortura e salva lo schiavo.
Scena: lo schiavo nudo è a terra circondato da cose ed oggetti spezzati. Il carnefice, in piedi, vòlto verso il padrone (seduto sul trono a destra), che lo guarda sconcertato, mostra il martello spezzato. L’azione sembra svolgersi sul palcoscenico di un teatro: la folla è delimitata a sinistra dalle colonne e a destra dall’alta pedana dove siede il padrone. Sopra la folla vi è un pergolato che collega i due edifici che delimitano lo spazio entro cui si svolge il fatto ed a chiudere la scena c’è un fondale che risulta molto piatto, quasi fosse una quinta teatrale, che rappresenta la recinzione in marmo di stile classico di una villa. Gli spettatori sono disposti lungo 2 linee diagonali che si incontrano al centro dove, in un cuneo in primo piano giace il corpo dello schiavo, visto di scorcio. Dall’alto scende San Marco, invisibile ai presenti. Lo scorcio del corpo del santo è analogo ma opposto rispetto a quello dello schiavo.
Il volto del Santo è in controluce e ciò determina l’effetto di una raggiera luminosissima, soprannaturale, quasi bianca.
La composizione ha un andamento ondeggiante, dinamico, come se tendesse verso destra ma venisse respinta nel senso opposto, a sinistra, dal santo che scende dall’alto e dallo sporgersi del padrone verso il centro della scena.
Sono presenti altre 2 fonti luminose: una che illumina in maniera uniforme lo sfondo e l’altra in primo piano, un fascio diagonale di luce che va dall’alto a destra a sinistra in basso.
C’è un richiamo cromatico del rosso: S. Marco, il padrone, lo spettatore in 1° piano (sulla destra della composizione). L’accensione cromatica richiama Tiziano ma le figure energiche e le torsioni anatomiche si rifanno alle figure di Michelangelo e Giulio Romano. La folla è composta di varia umanità: uomini, soldati, donne, neri. Gli orientali col turbante rappresentano i turchi, tradizionali nemici dei veneziani, simbolo dei barbari infedeli.
Tintoretto rende pienamente la drammaticità del miracolo in atto. L’intervento del Santo non è discreto ma estremamente vistoso, esagerato che desta stupore e coinvolge emotivamente lo spettatore. L’obiettivo è di arrivare al massimo coinvolgimento emotivo dello spettatore la cui attenzione viene focalizzata sullo schiavo e sugli strumenti di tortura spezzati.
Articolo tratto dal sito: www.atuttarte.it